Intervista a Lebel Jean-Jacques

ORMT-13g

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00:00:00 Presentazioni e introduzione
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Il legame di Jean-Jacques Lebel con l’Italia e la mostra in corso a Parigi

Lo scambio tra l’intervistato, Jean-Jacques Lebel (JJL), e l’intervistatore, Tommaso Zaccheo (TZ), inizia in italiano in ragione del legame stretto e duraturo tra l’artista francese e l’Italia. Passando rapidamente al francese, il dialogo prende avvio a partire da un commento sul volume Front Unique. La traversée du surréalisme de Jean-Jacques Lebel, edito da Jérôme Duwa, che indaga le prime attività artistiche e militanti da lui compiute principalmente in Italia, in seno al movimento surrealista e in particolare intorno alla pubblicazione a Firenze della rivista «Front Unique» (1955-1960).  JJL parla dell’esposizione in corso a Parigi, Chaosmose, e degli incontri connessi.
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La battaglia di Lebel contro il teatro, contro ogni Istituzione e in favore dei movimenti controculturali

JJL precisa che a lui il teatro non interessa affatto, se non come punto di partenza per uscirne: per tutta la vita si è anzi battuto contro ogni Istituzione, non solo religiosa o militare, ma anche universitaria o teatrale. L’happening compiuto nel corso della XVI edizione del FITU nel 1968 rispondeva esattamente a questa logica.

JJL ricorda gli articoli usciti sulla stampa italiana riguardo a Golden Duck Soup, sulla rivista «Teatro Festival»  e su «Sipario».

Ancora oggi la sua attività è imperniata sul rifiuto di ogni forma di cultura dominante, guidato, oggi come ieri, dalle parole della Lettre aux recteurs des universités européennes che Antonin Artaud pubblica con il contributo di Michel Leiris nel 1925.

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Il 22 e 23 marzo 1968 fra Francia e Italia: inizio di una  fase rivoluzionaria, di emergenza del movimento di protesta giovanile, seguito da uno “sciopero generale attivo” di massa

TZ  ritorna all’happening Golden Duck Soup, presentato a Parma e JJL ricorda esattamente il giorno,  il 23 marzo 1968, sottolinea che la data è fondamentale. Rivendica infatti pienamente la sua partecipazione in seno al movimento di protesta, inizialmente solo studentesco ma ben presto seguito dall’impegno concreto delle classi lavoratrici, che viene convenzionalmente fatto iniziare il 22 marzo, quando venne occupata l’Università di Nanterre. La successiva occupazione della Sorbona scatena una protesta di massa, seguita dal “più grande sciopero generale, attivo, della storia contemporanea”, un’“utopia libertaria”, sottolinea JJL.
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Golden Duck Soup e l’importanza della memoria controculturale attraverso il tempo, lo spazio e le generazioni

Le centinaia di persone che hanno partecipato a Golden Duck Soup, gli studenti universitari ma anche i cittadini di Parma, uscendo dal  Teatro Regio e prendendo la parola in piazza,  hanno vissuto, dice JJL,  qualcosa di breve ma di tale profondità esperienziale da diffondersi da una generazione all’altra, da un’epoca all’altra. L’intervistato rivendica una filiazione diretta tra quell’happening, il movimento del ’68,   e momenti anche molto più tardi di controcultura italiana, come gli indiani metropolitani a Bologna (1977). Più in generale, JJL si dice convinto della profonda risonanza  dei momenti di rivoluzione e delle azioni artistiche e politiche di controcultura  nella memoria culturale, da una comunità in rivolta all’altra, al di là delle o meglio attraverso le cronologie.
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Contro la linearità meccanica nella Storia: un racconto di JJL su Foucault e il richiamo alla

Chaosmose rizomica.

Esempio della complessità di ogni forma di relazione storica, per Lebel è la risposta che Michel Foucault avrebbe dato al professore e agli studenti di Berkley. Durante “l’acid test” che egli ha compiuto in questa occorrenza, nella Death Valley, gli studenti gli avrebbero posto una domanda riguardo un evento storico. A quel punto Foucault avrebbe spiegato loro che la questione era mal posta, poiché non esiste alcuna linearità meccanica, né quella marxista né quella rivendicata dalla logica borghese-capitalista. La storia, al contrario, è una chaosmos rizomica: Lebel dice che questo concetto deriva da James Joyce, in Finnegan’s Wake, ripreso poi da Gilles Deleuze e da Félix Guattari a partire dal volume Capitalisme et schizophrénie 2. Mille plateaux (1980), fino alla pubblicazione da parte di Guattari del volume Chaosmose nel 1992. Questo stesso concetto ha ispirato JJL nella concezione della sua ultima mostra, organizzata al Centre Pompidou ed afferma: “Noi siamo pensati dalla Storia”. In generale, egli sostiene che proprio ciò che non si aspetta, che non può essere pianificato è ciò che conta, nella vita come nell’arte.
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La relazione di Jean-Jacques Lebel con Alain Joufrroy oltre il movimento surrealista

TZ chiede a JJL  della sua relazione con Alain Jouffroy:  era venuto a sapere del FITU da quest’altro esponente del movimento surrealista, che aveva preso parte al Convengo su Antonin Artaud organizzato dal FITU nel 1966?

JJL risponde che, a quella data, aveva già rotto ogni rapporto con questo suo importante amico, al quale era legato sin dal 1954 ma dal quale, in seguito, si era allontanato in ragione della prossimità di Jouffroy al Partito comunista francese.

JJL esclude di essere entrato in contatto con il festival di Parma tramite Jouffroy, che era del resto profondamente avverso agli happening che JJL introduce in Europa a partire dal 1960, malgrado la sua partecipazione attiva agli Anti-procès. Spiega che la loro amicizia è durata dal 1954 al 1960 circa,  fino all’organizzazione del suo primo happening a Venezia e dopo che JJL ha compreso come Jouffroy volesse dirigere il movimento dell’avanguardia artistica come altri prima di lui.

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La lotta artistica di JJL contro il leninismo e contro la dittatura del partito unico

TZ, commentando il volume Le happening, pubblicato da Lebel nel 1966, rimarca a che punto la sua riflessione abbia sempre rifiutato ogni forma di organizzazione leninista.

JJL reagisce a questo commento spiegando che ha sempre rifiutato in modo radicale qualunque forma di bolscevismo, di dittatura di un partito unico o di direzione dei movimenti di natura verticistica e patriarcale, essendo egli legato piuttosto agli anarchici Nestor Makhno, Errico Malatesta, Buenaventura Durruti.  Rivendica il legame strutturale tra la sua produzione artistica e i suoi ideali anarchici e libertari fin dalla sua giovinezza.

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Contatti e amicizia con il  Living Theatre

La scoperta del FITU di Parma dovrebbe essere legata, crede JJL, all’amicizia con Judith Malina e Julian Beck.. JJL aveva incontrato il gruppo americano già nel 1961 a Milano, dove  Malina e Beck erano venuti ad assistere al suo terzo Anti-procès.

Legatosi d’amicizia con i fondatori del Living Theatre, Lebel parte allora per l’America per ritrovarli presso il Teatro della 14th Street. Durante questo soggiorno americano, realizza una lettura di poesie con Alain Jouffroy; ritrova Marcel Duchamp e diventa amico anche dei poeti Gregory Corso e Allen Ginsberg. Al Living, con Alain Jouffroy, realizza anche delle letture di poesie. La relazione con il Living darà luogo alla pubblicazione, nel 1969, dell’opera Entretiens avec le Living Theatre.

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L’arrivo a Parma, nel 1967, grazie al Living Theatre e con la complicità del gruppo Musica Elettronica Viva (MEV)

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Il gruppo dirigente del FITU di Parma dev’essere entrato in contatto con JJL in ragione del numero e della notorietà degli happenings da lui organizzati. L’invito a Parma, nella memoria di Lebel, è stato formulato per interesse verso questa espressione artistica sperimentale e l’intervistato decide di partecipare al  FITU assieme ad alcuni membri del Living Theater, in particolare con Steve Ben Israel, ma anche con il gruppo Musica Elettronica Viva (MEV), di base a Roma, e tra i cui componenti ricorda Frederic Rzewski e Richard Teitelbau.
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La memoria dell’happening Golden Duck Soup dentro e contro la scena del Teatro Regio di Parma

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JJL spiega come l’happening organizzato a Parma fu un evento completamente improvvisato con gli amici del gruppo MEV. Ritiene impossibile descrivere un’azione artistica che si è svolta, per lui, come un sogno collettivo. Ricorda che il poco di coordinazione con i musicisti di MEV ha portato a realizzare una sorta di rito, una transe appunto collettiva, “il contrario di una danza macabra”, una danse vivante che conduce il pubblico ad uscire dal teatro per raggiungere la strada; Ben Israel suonava una batteria. L’intervistato poi ricorda altri happenings che ha guidato in questi anni, in particolare quello condotto a Buenos Aires, presso l’Istituto Di Tella. Per ognuna di queste esperienze l’obiettivo era di provocare delle reazioni forti negli individui tramite delle azioni forti nel reale. L’obiettivo, afferma JJL, oggi come ieri, è di far comprendere che gli esseri umani “non hanno altro da perdere che le loro catene”, cita Karl Marx assimilando le catene all’Istituzione, e definisce l’happening una “frenesia artaudiana” – ma anche “un appel de la transe” –, che pervade ugualmente altre espressioni proprie delle maggiori avanguardie artistiche in tutto il mondo.
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La relazione tra l’happening di Parma, l’occupazione dell’Odéon a Parigi e la contestazione del festival di Avignone

TZ chiede all’intervistato se una modalità di happening simile a queste descritte sia stata messa in atto anche ad Avignone, nel luglio 1968, oppure di chiarire il possibile legame tra questo anelito alla transe e azioni militanti quali l’Occupazione del Théâtre de l’Odéon-Théâtre de France nel maggio 1968.

JJL racconta gli eventi più importanti ai quali ha preso parte durante le contestazione del 1968, rivendicando, di fatto, di avere spinto per l’occupazione di quel teatro pubblico – anche se rifiuta il ruolo di leader del movimento – e inserisce questi avvenimenti nel contesto di un movimento che da Nanterre, sempre a partire dal 22 marzo 1968, non solo auspica una rivolta di ampie dimensioni ma vede profilarsi l’orizzonte di una concreta rivoluzione, in ragione della partecipazione alla protesta di una massa di lavoratrici e di lavoratori.

Ora, la possibilità di una “rivoluzione sociale” fa presto apparire anche la paura di un reale scontro con l’esercito. In questo clima, che JJL definisce un “delirio sincero”, i rivoltosi hanno bisogno allo stesso tempo di un luogo dove proteggersi e nel quale curare i feriti, che gli scontri con le forze dell’Ordine stavano già causando.  L’Odéon è dunque occupato per delle ragioni anche logistiche, oltreché per avere un luogo nel quale organizzarsi, incontrarsi e costruire una piattaforma di rivendicazioni collettive. In tal senso, JJL spiega di aver proposto di occupare l’Odéon in quanto luogo dall’alto valore simbolico, trattandosi appunto del “Théâtre de France” [ex Comédie-Française], il cui direttore era nominato dal Ministro della Cultura André Malraux. La modalità stessa dell’irruzione nella sala e sul palco dell’Odéon, con l’invasione di una scena sulla quale si sarebbe dovuta esibire la troupe diretta dal coreografo americano nero Alvin Ailey – non senza proteste da quest’ultimo, sottolinea JJL – è in linea con lo spirito che animava gli happenings organizzati da Lebel. Dopo poco, il Living raggiunge questa occupazione, o meglio questa “agorà”, perché si trovava in Francia su invito del direttore dell’Odéon Jean-Louis Barrault

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Il Festival de la libre expression come laboratorio collettivo

TZ chiede di indicare l’importanza  del Festival de la libre expression, fondato nel 1964. L’intervistato spiega come questa manifestazione fu pensata come un momento di elaborazione collettiva in vista del raggiungimento di un’emancipazione dai dogmi della società capitalista e borghese.
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L’antecedente della “prise de l’Odéon” nel 1967 e il primo passaggio di Lebel al FITU di Parma

JJL ritorna, a questo punto, su un evento che, nella sua ricostruzione, è da considerarsi come l’antefatto dell’occupazione dell’Odéon nel 1968. La regista Simone Benmussa, nel 1967, vuole mettere in scena degli estratti dell’antologia di poesia americana della beat generation, dal titolo La Poésie de la beat generation, che Lebel aveva appena pubblicato. In rivolta contro quest’atto, che egli giudica illegittimo, di trasformazione della poesia in spettacolo da parte di un’Istituzione così importante, e senza aver chiesto il permesso né a lui né ad alcuno dei poeti rappresentati nell’antologia, il gruppo di amici e di compagni anarchici di Lebel fa irruzione sul palco dell’Odéon già nel 1967, per impedire quello che è percepito come un recupero intollerabile della poesia dei beatniks. L’intervistato ricorda che lui si trovava invece a Parma per seguire il passaggio del Living al FITU con la prima versione del loro spettacolo Antigone. L’idea di occupare quello che nel maggio 1968 diventerà “ex-Théâtre de France”, nasce dunque nel 1967, con un anno di anticipo rispetto al ’68.
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L’importanza del pensiero di Artaud per pensare le rivolte del “Mai 1968”

Il discorso si sposta sull’importanza di Artaud come uno degli ispiratori degli eventi e delle azioni condotte da Lebel in questi anni di forte contestazione collettiva.

TZ chiede allora a JJL se fosse a conoscenza del convegno su Artaud organizzato al FITU di Parma nel 1966 e Lebel dice di non avervi partecipato ma di averne sentito parlare.

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Il controesempio Brecht

e la posizione anarchica di Lebel in seno al movimento del 1968

JJL evoca la rivolta berlinese del 1953 contro il governo della DDR: critica aspramente la posizione di Bertolt Brecht, che rifiutò di prendere la testa del movimento di protesta e giudica negativamente anche la necessità dei rivoltosi di cercare delle guide, dei capi. Questo episodio è per lui un “contro-esempio” da tenere ben presente per, al contrario, organizzare delle rivolte collettive senza dirigenti o avanguardie che inevitabilmente dominerebbero le masse. Ancora una volta, JJL distingue la posizione degli anarchici, che desideravano condividere potere con la totalità del movimento invece di monopolizzarlo.
01:07:43

A Parma, come altrove, per liberarsi e liberare il pubblico dall’istituzione teatrale

Incalzato  circa altri spettacoli o aneddoti delle sue permanenze a Parma, JJL spiega che, in realtà, con così tanti anni di distanza, non ha molti ricordi. Ripete che il suo interesse era piuttosto quello di provocare delle reazioni che permettessero a tutti i partecipanti degli spettacoli teatrali, artisti o meno, di fuggire da ogni teatro, di rifiutare ogni Istituzione.
01:10:03
L’importanza e la presenza del Living Theatre in molti dei festival di teatro in questi anni
A partire da una domanda di TZ, JJL spiega che il Living partecipava ai festival europei per ragioni economiche: queste manifestazioni, negli anni Sessanta, aprivano la porta ad una pluralità di gruppi di artisti d’avanguardia che altrimenti non avrebbero avuto altri luoghi nei quali proporre le loro opere. Lebel sottolinea che uno degli aspetti che ha sempre molto ammirato del Living è il loro modo di vita davvero “anarco-comunistico” ovvero di condivisione orizzontale di ogni forma di profitto.
01:14:53

Il workshop, poi Festival de la libre expression

Il festival organizzato da Lebel, nel quale vennero elaborati molti dei suoi happenings, seguiva lo stesso modello di condivisione egualitaria di ogni introito.

Era inizialmente pensato come un atelier, un workshop, come appunto si chiamava all’inizio, un momento laboratoriale di scambio per tutte e tutti. Il problema del festival in quanto tale non interessava affatto: l’importante era avere un luogo di ricerca ma anche un luogo nomade, in grado di diffondersi ovunque, sul modello degli ateliers proposti dal Cabaret Voltaire di Zurigo e nelle sperimentazioni di Tristan Tzara.

01:16:45

Dada e il contenuto contro la struttura

TZ commenta confessando di avere l’impressione che, per Lebel, l’importante fosse in fondo che sempre, con ogni azione artistica o politica, il contenuto facesse esplodere le strutture che avrebbero potuto racchiuderlo.

L’intervistato conferma che per lui era ed è esattamente così e, in questo, si rifà direttamente al movimento dadaista. Secondo lui il primo happening della Storia fu quello organizzato da Walter Mehring e da Georg Grosz quando, in seno al movimento dadaista berlinese, organizzarono una gara tra una macchina da scrivere e una macchina da: una performance che colpisce direttamente il sistema capitalistico.

01:19:38

Le critiche all’happening di Lebel a Parma

TZ chiede a Lebel di reagire alle critiche, che si alzarono anche da critici parmensi dopo il suo passaggio al FITU, circa il carattere in fondo ormai superato dei contenuti svolti con il suo happening Golden Duck Soup. Molti infatti, anche di sinistra, non erano convinti dalla novità e dall’urgenza di mettere in discussione i ruoli tra spettatori ed attori, tra partecipanti attivi e passivi, proposta da JJL.

Per l’intervistato queste critiche sono ingenue poiché è ingenuo pensare che queste questioni non fossero di attualità, urgenti o, peggio, che siano risolte: sempre i dirigenti si oppongono alla “spontaneità delle masse”, afferma JJL citando Rosa Luxemburg.

01:22:17

Contro la vieille gauche

Comunque, per Lebel, queste erano critiche mosse dagli organi di stampa della sinistra ufficiale che reagivano al vero e proprio deliberato attacco che l’intervistato e i suoi compagni stavano elaborando contro la “vieille gauche”, al suo modo di funzionare burocratico. Normale, dunque, che questi gruppi reagissero, proprio come reagirebbero i redattori dell’«Osservatore romano» se sulle colonne di questo medesimo giornale un articolo denunciasse la pedofilia diffusa nella Chiesa cattolica.
01:25:19

Il ricordo della gente di Parma

L’ultimo scambio tra intervistato e intervistatore si concentra sul ricordo di JJL della sua esperienza a Parma. Ciò che più rimane  per Lebel  è il ricordo dell’umanità con la quale è entrato in contatto in quel periodo, dice di ammirare la semplicità delle persone e lo stile di vita delle classi popolari italiane, specchio del suo amore per dei poeti italiani come il veneziano Giorgio Baffo o altri poeti marginali. Una vitalità che è propria delle classi subalterne italiane che né il fascismo, né gli anni di Bettino Craxi, di Silvio Berlusconi o questi attuali dell’estrema destra di Giorgia Meloni sono riusciti o riescono ad estinguere.
01:27:06

La diffidenza nei confronti di Pasolini e la situazione globale

Verso dei grandi poeti, molto conosciuti, come Pier-Paolo Pasolini, JJL ha invece sempre avuto una certa diffidenza, anche perché questo poeta aveva difeso le forze dell’ordine durante gli scontri alla facoltà di architettura di Roma a Valle Giulia. In generale, pensando alla sinistra italiana, Lebel afferma di essere sempre stato più attratto dalle posizioni di Amedeo Bordiga opposte a quelle di Antonio Gramsci, malgrado il rispetto per quest’ultimo.

Infine, l’intervistato esprime la sua paura nei confronti di un “fascismo generalizzato” che sarebbe scatenato da una vittoria di Donald Trump; ribadisce, poi, la sua fede nelle espressioni artistiche come modalità di resistenza ad ogni forma di barbarie, una forza che riconosce nel cinema di Pasolini malgrado tutto e che esiste in ogni grande artista, anche in Aristofane.

01:34:30 Conclusione e firma della liberatoria.
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Interview Duration: 02:00:00
Registration Duration: 01:38:14
Format: mp3
Type: audio
Language: francese italiano
Subjects:
Original Document Placement:
  • ICBSA, Via Caetani 32, 00186, Roma
  • Museo Biblioteca dell’Attore, Via del Seminario 10, 16121, Genova
  • Dipartimento Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali, Università degli Studi di Parma
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Citation

Intervista a Lebel Jean-Jacques, di Zaccheo Tommaso, Parigi, il 04/11/2024, Progetto “Il teatro dei festival tra locale e globale (PRIN 2022) Collezione Ormete (ORMT-13g),

consultata in URL:< https://patrimoniorale.ormete.net/interview/intervista-a-lebel-jean-jacques/ >, (data di accesso).

Relation:
Bibliography:
  • Lebel Jean Jacques, La poésie de la «beat generation», Préface d’Alain Jouffroy, Paris, Denoël, 1965.
  • Lebel Jean Jacques, Le happening, Paris, éditions Denoël, 1966.
  • Lebel Jean Jacques, Entretiens avec le Living Theatre. Paris, éditions Belfond, 1969.
  • Lebel Jean Jacques, Procès du Festival d’Avignon. Paris, éditions Belfond, 1969.
  • Lebel Jean Jacques, Front Unique. La traversée du surréalisme de Jean-Jacques Lebel, Edité et introduit par Jérôme Duwa, Dijon, Les Presses du Réel, 2024
  • Rauch Marie-Ange, Le Théâtre en France en 1968. Crise d’une histoire, histoire d’une crise, Paris, Éditions de l’Amandier, 2008.
  • Jouve Emeline, Avignon 1968 et le Living Theatre. Mémoires d’une révolution, Montpellier : Éditions Deuxième époque, 2018.
  • Jouve Emeline, Paradise Now en paradis. Une histoire du Living Theatre à Avignon et après (1968/2018), Paris, Classiques Garnier, coll. Études sur le théâtre et les arts de la scène, 2022.
  • Sacchi Annalisa, Inappropriabili. Relazioni, opere e lotte nelle arti performative in Italia (1959-1979), Venezia, Marsilio, 2024.
  • Banu Georges, Juillet 1968… Quand Avignon était en proie à des courants contraires, «Télérama», 14 juillet 2018, [online: https://www.telerama.fr/divers/juillet-1968…-quand-avignon-etait-en-proie-a-des-courants-contraires,n5720226.php, consultato il 14 novembre 2024].
  • Jouve Emeline, The Living Theatre and the French 1968 Revolution: Of Political and Theatrical Crises, «e-Rea» [disponibile online: http://journals.openedition.org/e rea/6370, consultato il 13 novembre 2024].