Intervista a Reale Alvia

ORMT-11o

00:00:00 – 00:03:15 Primo ricordo con Ronconi. Preliminari e lettura della formula di inizio intervista.  C.R. Primo incontro con Ronconi, vista la sua esperienza, subito dopo diploma alla Silvio D’Amico, nella compagnia dello stabile di Torino da lui diretta. A.R. Incontro più importante della sua esperienza teatrale. Aveva alle spalle esperienze di altro tipo (quella televisiva con Nanni Loy e Monica Vitti). Con Ronconi cambia il suo modo di intendere il teatro e di approcciare un testo teatrale. Fondamentali sono state le prime parole che le ha detto: “le parole nascondono, non spiattellano” (00:01:20), bisogna saperle incarnare per restituirne l’esatto significato. Se questo non accadeva lui soffriva molto. E’ stata un’esperienza molto difficile ma essenziale.  
00:03:16 – 00:09:11 Prove e interpretazione. F.Z. Eventuale margine di libertà espressiva visto il rigido approccio di Ronconi al testo e all’interpretazione e relative difficoltà nell’eseguire le sue direttive.  A.R. La “gabbia” interpretativa entro cui Ronconi metteva i propri attori dava, in realtà, molta sicurezza e libertà. Sapere come e quando dire una battuta dava modo di liberarsi delle cose superflue ed estranee all’interpretazione. Le sue letture a tavolino erano fondamentali per gli attori (che registravano e appuntavano ogni sua parola), perché riusciva ad estrapolare sensi che nessuno avrebbe potuto trovare all’interno del testo. Importante era, a quel punto, non limitarsi a ripetere ma ‘capire’ perché lui aveva detto quella determinata battuta in quel preciso modo. Questo dava grande libertà agli attori, specie a chi aveva già una carriera alle spalle ed era perciò vincolato dall’immagine che il pubblico gli aveva affibbiato: a quel punto si tornava ad essere un “foglio bianco”, scevro da fattori esteriori e questo dava modo di lavorare sulla pura interpretazione.  C.R. La sua esperienza in merito alla tendenza di Ronconi a mettere in difficoltà i suoi attori, soprattutto a livello tecnico e fisico.  A.R. Con lui ha fatto spettacoli memorabili a livello scenico ma non partiva con la prerogativa di mettere in difficoltà gli attori. Difficile era riuscire a liberarsi dai vari pregiudizi che ognuno aveva di sé ma a livello tecnico non ci sono state per lei estreme difficoltà. Forse ne Gli ultimi giorni dell’umanità, dal momento che l’attore doveva sapersi muovere in base agli spostamenti di vere locomotive. 
00:09:12 – 00:14:32 Approccio a testi non pensati per la scena. F.Z.  Approccio a testi non pensati per la scena e relative difficoltà interpretative. A.R. Anche questo era per lui un’occasione di libertà creativa. Sceglieva i testi in base alle possibilità interpretative che ne potevano derivare, mai per la sola voglia di spettacolarizzare. Per lui si poteva mettere in scena ogni cosa: dialogo, romanzo, saggio, formule chimiche. Alla base c’era una volontà di ampliare le possibilità teatrali e interpretative dal punto di vista registico, attoriale ma anche dello spettatore. Il pubblico ora è abituato a vedere la messa in scena di un romanzo o la recitazione in terza persona, non è stato sempre così. “Lui è stato avanguardia”(00:11:32). C.R. Un ricordo in particolare di una lettura a tavolino.  A.R. Ognuna è stata memorabile. Riuscire a rendere sulla scena le cose che lui richiedeva dava una felicità assoluta. Non sempre si riusciva a farlo e lì diventava severo perché soffriva il fatto di non riuscire a comunicare agli attori quello che lui intendeva. Quando invece lo si capiva, l’attore si rendeva conto di stare compiendo un gesto artistico importante, il suo lavoro e il teatro stesso acquisivano senso. Questo è accaduto a lei in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, testo al quale è rimasta molto legata, anche per il successo che ne derivò.
00:14:34 00:18:02 Approccio alle diverse produzioni e ai diversi attori. A.R. Lui aveva già tutto chiaro nella sua mente, aveva forse migliaia di spettacoli già pronti. Di certo non era il tipo di regista che scopriva man mano lo spettacolo insieme agli attori, modalità invece sperimentata con altri registi quali Nekrosius e Massimo Castri. C’era con loro margine di improvvisazione e scoperta (sfregamento delle viti durante prove di uno spettacolo di Nekrosius). Con un regista come Ronconi quasi sicuramente questo non sarebbe successo. C.R.  Non avrebbe dato spazio all’improvvisazione. A.R. Accadeva con gli attori di cui si fidava maggiormente perché avevano assimilato e rispecchiavano il suo pensiero: Massimo Popolizio, Massimo De Francovich e Maria Paiato. Ma mancanza di improvvisazione rendeva sicuri perché con la rete interpretativa che forniva lui non si poteva sbagliare.  
00:18:04 – 00:24:28 Ronconi “anima infantile” e rapporto con il pubblico. Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. A.R. Al debutto grande tensione generale e soprattutto di Ronconi, che celava un animo infantile. Durante il Pasticciaccio era dietro le quinte: grande felicità quando sentì il pubblico ridere. Avevano colto l’ironia dietro la sua figura di intellettuale impegnato e strutturalista.  Rapporto altalenante con il pubblico: a volte lo amavano, a volte era odiato per le lunghissime durate dei suoi spettacoli (che per lui erano invece necessarie). Strano interludio durava sei ore ma alla fine il pubblico di Torino era in piedi, entusiasta. Era pubblico più intellettuale. Ma al Pasticciaccio viene a vederla per la prima volta sua madre, donna modesta, poco istruita, faceva la sarta; nonostante le cinque ore di spettacolo lei rimane profondamente colpita. C’erano quindi casi in cui il tempo non aveva alcuna rilevanza.  C.R. Profondo legame con il Pasticciaccio, anche primo spettacolo nel teatro stabile di Roma da lei interpretato.  A.R. Emozionante vedere l’Argentina dalla parte del palcoscenico e in generale l’intero progetto del Pasticciaccio è stato meraviglioso. Complessità della lingua di Gadda ma la capacità di Ronconi di semplificarla, rendendola viva, umana: questa la chiave del successo dello spettacolo. Era diventato uno spettacolo “popolare”. Soddisfazione per la vittoria del premio Eleonora Duse, visto il gran numero di attori sulla scena.
00:24::29 – 00:27:27 Cast numerosi e rapporto fra gli attori. A.R. Ognuno si concentrava su di sé e sul proprio lavoro: “non c’era grande caciara, se dice a Roma”. Si poteva essere in cinquanta o in due, non c’era troppo scambio al di fuori delle scene. Ne Gli ultimi giorni dell’umanità” agli applausi invitati anche i tecnici. Concentrazione di tutti era fondamentale per non commettere errori. 
00:27:28 – 00:32:53 Ronconi negli anni e nelle diverse città. Gli spazi non convenzionali. F.Z.  Evoluzione o cambiamento di Ronconi tra Torino, Roma, Milano.  A.R. Ronconi sapeva sempre a quale pubblico si andava riferendo e questo influenzava le sue scelte. Strano interludio primo spettacolo a Torino: testo considerato una “soap opera antelitteram”. Antinaturalismo per uso delle maschere. Attori: Massimo De Francovich, Riccardo Bini e accenno alla bravura dei più giovani Massimo Popolizio e Galatea Ranzi. Gli ultimi giorni dell’umanità fatto al Lingotto quando la Fiat stava chiudendo. Quer Pasticciaccio, il primo spettacolo fatto a Roma, era lo specchio dell’umanità romana.  F.Z. Il perché dell’esigenza di spazi “altri” e non pensati per il teatro. A.R. Arricchisce l’interpretazione. Esempio di Amor nello specchio: spiegazione della messa in scena. Come il dialogo, un palcoscenico poteva diventare un limite all’interpretazione e cercava quindi di espandersi: mai per ricerca di spettacolarità ma per servire le esigenze di ogni testo. Forse fra gli spettacoli, i più belli erano quelli con i ragazzi dell’accademia, solo con due sedie. Lehman Trilogy a Milano: ultimo suo elogio e gesto d’amore nei confronti dell’attore. 
00:32:54 – 00:39:34 Ronconi persona fuori dal teatro: “tutti pazzi per Ronconi”. C.R. Rapporto di Ronconi con i suoi attori fuori dalle prove e dal teatro.  A.R. A volte li invitava a casa sua. Anche durante una semplice cena era sempre una ricchezza sentirlo parlare. C’era un grande rapporto. Ma il rapporto umano maggiore veniva fuori in scena, con il profondo amore che donava loro. “Grande capacità di amarti proprio nell’atto creativo, teatrale”. C.R/F.Z. Riuscire a cogliere e incarnare ciò che lui aveva in mente creava un legame.  A.R. “E’ il senso del nostro mestiere…non voglio essere una persona originale, voglio essere la somma di tutte le persone che ho incontrato, di tutti i registi che mi hanno fatto fare un piccolo passo in avanti… il nostro mestiere è incontro”. Spesso attori in lacrime quando non riuscivano a soddisfare Ronconi, erano tutti innamorati di lui perché ogni volta con lui scoprivano vie mai percorse. Difficile rimettersi sempre in gioco soprattutto per chi era già famoso. Importanza di lavorare con registi diversi: esperienza con Roberto De Simone a Siracusa (testo in greco). Nekrosius e il realismo magico; Massimo Castri e le possibilità espressive psicologiche. 
00:39:35 – 00:43:55 Ronconi direttore a Roma e l’amore per l’insegnamento.  F.Z. Come Roma accoglie la direzione artistica di Ronconi. A.R. Al Pasticciaccio c’era la polizia a tenere sotto controllo l’enorme affluenza di persone. Andati bene anche gli altri spettacoli (rimane molto male per non essere stata inserita nel cast dei Fratelli Karamazov). Ronconi era figura autoritaria, utile sia come esempio da seguire che da contestare. Ci si doveva comunque confrontare con lui. Ora questa figura manca. C.R.  Non a caso dava molta importanza alla formazione dei giovani.  A.R. Lui amava stare con i giovani. Esperienza del Pirandello a Santa Cristina. Spettacoli memo F.Z. Insegnare è un atto di fiducia: cedere il proprio sapere alle nuove generazioni. A.R. Fiducia a doppio senso: quella di insegnare e quella di ricevere una guida che ti porti a scoprire nuove cose. 
00:43:56 – 00:46:49 Alvia Reale regista. C.R. Quanto le esperienze in ambito attoriale si siano riflesse nelle sue regie. A.R. Sono state fondamentali ma in questo “terzo atto” della sua esperienza c’è esigenza di fare le cose a proprio modo. “Non si torna più indietro”. Non vuole più seguire direttive di persone che non stima e che non riescono a dirigere l’attore nella maniera giusta. Spera di poter riproporre, in ciò che dirige, almeno una scintilla di quella grazia ricevuta dai suoi maestri negli anni. 
00:46:50 – 00:51:40 Ultimo ricordo con Ronconi e la magia del teatro. A.R. Ultimo spettacolo fatto con lui era Il panico: lì non riusciva ad entrare nella giusta dimensione voluta da Ronconi (diversamente da com’era avvenuto nel Pasticciaccio). Poi “magicamente” ci riuscì e Ronconi era felicissimo. Ricorda di nuovo Gli ultimi giorni dell’umanità, quando Ronconi la prese per mano e si mise a correre dalla gioia per tutto il Lingotto. Lui era estremo in ogni suo umore: o euforico dalla gioia oppure depresso e nero dalla tristezza.  C.R./F.Z. Dialoghi di questo tipo sono importanti per dare modo di riconoscere l’essere umano dietro il genio.  A.R. La magia del teatro è anche questa: che non resti nulla se non la memoria di chi resta.
00: 51:41 00:52:14 Conclusione. Lettura formula finale.
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Interview Duration: 02:00:00
Registration Duration: 00:52:14
Format: Mp3
Type: Audio
Language: Italiano
Subjects:
Original Document Placement:
  • ICBSA, Via Caetani 32, 00186, Roma (www.icbsa.it)
  • Museo Biblioteca dell’Attore, Via del Seminario 10, 16121, Genova (www.museoattore.it)
  • Archivio Teatro di Roma
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