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00:00:00 | Presentazioni e introduzione | |
00:01:05
Il teatro universitario della fine degli anni Sessanta, tra amateurisme, sperimentazione e pre-professionalizzazione |
Piergiorgio Giacché (PG) accetta di condividere con Tommaso Zaccheo (TZ) la sua memoria degli anni in cui era un membro del Centro universitario teatrale (CUT) di Perugia La Fontemaggiore e come frequentatore del Festival internazionale del teatro universitario (FITU).
Per PG il teatro universitario che si sviluppò tra la metà e la fine degli anni Sessanta fu un movimento catalizzatore di forze giovani poiché accrebbe e sostenne l’interesse di una giovane generazione verso lo spettacolo che, già in quegli anni, avrebbe dovuto abandonare il teatro per interessarsi ad altri media. Se, per il testimone, la contestazione del “movimento del 1968” nel teatro italiano è avvenuta prima, nel 1966, questo lo si deve anche alla specificità delle forme dei teatri universitari, fucine che seppero farsi ponte tra il dilettantismo e la sperimentazione, aprendo a una forma di professionalizzazione non tanto legata al mestiere quanto piuttosto alla capacità di vivere la pratica teatrale in modo rigoroso e totalizzante, anche in ragione di alte esigenze di innovazione artistica e politica. |
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00:06:12
Il FITU all’interno di un movimento di rinnovamento e di scoperta di un teatro Nuovo e internazionale |
Il FITU era riconosciuto da tutti gli altri CUT come il momento e il luogo nel quale incontrare gli altri teatri universitari italiani ma anche le altre e le più interessanti realtà di teatro europee o internazionali. Numerose, infatti, le scoperte permesse da questo festival come il convegno su Antonin Artaud nel 1966 o la tournée del Living Theatre con la prima versione di Antigone nel 1967. Secondo PG i gruppi universitari italiani avevano già interiorizzato il rifiuto del teatro drammatico più convenzionale, ma non era stata ancora trovata una chiave operativa per tradurre questo rifiuto e imporre, di fatto, una forma di autonomia della creazione scenica collettiva; le nuove proposte rappresentate dai primi spettacoli di Peter Brook o da quelli di Charles Marowitz, visti al FITU, non erano ancora state interiorizzate. A tal proposito, PG evoca un ricordo emblematico. Nel 1968, il CUT La Fontemaggiore scelse di presentare al FITU di Parma il testo di Eugène Ionesco Jacques ou la soumission, che fu accolto molto negativamente in quanto opera drammatica troppo convenzionale e di autore dichiaratamente reazionario. La ragione del rifiuto di questo spettacolo fu subito compresa e condivisa dalla stessa troupe perugina, in primo luogo dal regista Segio Ragni, perché il CUT di Perugia partecipava dello stesso fermento di “accelerazione rivoluzionario”, in senso tanto politico quanto estetico. | |
00:10:38
Il clima del FITU intorno e durante il 1968 |
PG sottolinea a che punto l’ambiente del FITU era quello di un festival vissuto da degli attori e da un pubblico di giovani universitari che partecipavano molto attivamente, anche rumorosamente o vistosamente, agli spettacoli. Gli aneddoti raccontati in tal senso mostrano a che lo spirito goliardico che aveva animato il FITU degli anni Cinquanta e dei primi Sessanta si colorò improvvisamente di una vena marcatamente politica intorno al 1968. | |
00:13:32
La composizione del CUT di Perugia: non solo studenti |
PG era uno dei pochi studenti effettivamente universitari tra la ventina di membri del CUT di Perugia, una troupe in realtà composta in maggioranza da giovani lavoratori e, in tal senso, solo lui e i pochi altri o altre universitarie potevano godere pienamente della settimana del festival. | |
00:14:10
Il FITU del 1968, l’occupazione dell’Università di Parma e la differenza tra il CUT parmense rispetto ad altri gruppi |
TZ chiede di un convegno su Jean Genet organizzato a Parma proprio nel 1968, e al quale partecipò anche Bernard Dort, PG non ha ricordi, forse perché prevale nella memoria il clima di acceso intervento politico. Racconta come lui, Michele Mirabella e Renato Carpentieri abbiano forzato le porte di accesso all’Università di Parma per conto dei membri del CUT di Parma, che a differenza di altre Università non era ancora occupata. In generale, i membri del CUT parmense erano percepiti come esponenti di una regione “rosa” rispetto alla radicalità di regioni come l’Umbria o la Toscana, e quindi dei CUT che queste regioni rappresentavano. Il CUT di Parma aveva, inoltre, già una propensione e la possibilità di orientarsi verso il professionismo. Ricorda anche l’importanza del CUT di Bari, diretto da Maurizio Micheli e da Gianni Resta, il quale era già entrato in contatto con il Living nel corso di alcune rappresentazioni di Mysteries and smaller pieces.
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00:17:27
Il Living in Italia nel 1967 |
Il passaggio del Living a Parma fu realizzata grazie ad Ernesto Saluzzo di Catania e a Luigi Munari di Bologna, e rappresentò la scoperta di una promiscuità al contempo intima e teatrale. La liberazione sessuale portata, in maniera dirompente, da Judith Malina e da Julian Beck faceva il paio con la liberazione teatrale proposta dal Living, che mostrava come fosse possibile fare un teatro Nuovo che permetteva alla lezione di Brecht di convivere con l’utopia di Artaud. Questa stessa tournée, secondo PG, fu realizzata intercettando il Living a Torino e grazie a dei fondi che Dario Fo aveva devoluto ai teatri universitari. Senza questo aiuto il FITU non avrebbe avuto modo di alloggiare il Living a Parma o il CUT Fontemaggiore di invitarli poi a Perugia. PG condivide anche alcuni ricordi circa gli spettacoli del Living a Perugia e la sua fascinazione per Julian Beck. | |
00:25:23
Il repertorio del CUT di Perugia |
Al Festival di Nancy, il CUT Fontemaggiore porta alcune delle sue pantomime. Queste forme di teatro gestuale, formato da scenette quasi senza alcun dialogo, erano il primissimo repertorio del CUT perugino, il quale approfondì progressivamente il proprio repertorio, sotto la direzione soprattutto di Giampiero Frondini, passando per la creazione di spettacoli più politicizzati, ma ancora legati al mimo, ispirati a Marcel Marceau o a Charlie Chaplin. PG partecipa allo spettacolo E vissero felici e contenti, prima di partecipare alla creazione del primo vero e proprio testo drammatico, Jacques ou la soumission, nel 1968. | |
00:26:45
Le manifestazioni del FITU nel quadro della contestazione della società dello spettacolo e dei consumi |
Il ricordo delle manifestazioni che ebbero luogo a Parma o a Perugia nel 1968 portano PG a sottolineare come l’oggetto immediato della contestazione furono i direttori dei giornali, quasi si volessero colpire in primo luogo i rappresentanti di quella società dello spettacolo, poi divenuta anche società dei consumi, che era appena nata e della quale PG faceva pienamente parte. Il testimone è, oggi, cosciente di essere stato l’esponente di una generazione che, per la prima volta, faceva esperienza tanto della società dei consumi quanto della scolarizzazione di massa e che credeva profondamente nella possibilità di cambiare sé stessi e il mondo tramite la cultura. | |
00:30:50
Lo spazio del festival come communitas e come festa |
PG usa la nozione di communitas, nell’accezione propria allo schema interpretativo dell’antropologo Victor Turner, per sintetizzare il senso di appartenenza ad un movimento collettivo proprio di quegli anni e che permise ai singoli di realizzarsi senza mai sentirsi annichiliti dalla forza del gruppo. La rete di relazioni composta dai gruppi teatrali universitari costituiva un microcosmo in cui individualità anche molto diverse tra loro condividevano un orizzonte comune e, in tal senso, il FITU rappresentava lo spazio ed il luogo dove vivere ed esprimere questa forma di fratellanza. La sua generazione faceva del resto teatro e viveva il festival riflettendo in essi quelle che erano le utopie proprie ad una forma di “teatro povero” che, in conseguenza, permetteva di vivere il festival, in questi anni, davvero anche come una festa. | |
00:32:32 La scoperta di Jerzy Grotowski e di Eugenio Barba |
PG scopre in questo clima non tanto e non solo le teorie di Grotowski o di Barba quanto piuttosto, prima di tutto, un modo diverso di pensare il teatro. Questa scoperta lo accompagnerà tutta la vita, sia nel legame con Carmelo Bene che, prima ancora, al fianco di Dario Fo dall’inizio degli anni Settanta e, soprattutto, come membro del collettivo teatrale “La Comune”. | |
00:34:05
Il CUT di Perugia e le dinamiche politiche della provincia italiana |
Pensando alle esperienze con Dario Fo emerge la figura di Pio Baldelli, critico cinematografico perugino attivo a Roma ma, prima di tutto, allievo del filosofo Aldo Capitini, un punto di riferimento per PG. La dimensione specifica di questi intellettuali, per PG molto importanti ma figli della provincia italiana, lo portano a riflettere su una forma di apertura intellettuale cosmopolita di una città di provincia come Perugia specifica di questi anni e costitutiva del CUT La Fontemaggiore in particolare, anche e soprattutto al di là dell’università di Perugia, politicamente dominata dal Fronte universitario d’azione nazionale (FUAN). Da questo punto di vista, il CUT di Perugia, rispetto a quello di Parma, era un’eccezione se si pensa alla forte chiusura delle amministrazioni della città Umbra e della sua università. La vitalità del CUT umbro è da attribuirsi all’antropologa Anita Schwarzkopf Seppilli, animatrice dell’associazione culturale La Fontemaggiore,. | |
00:42:02
Ancora sul festival come momento di incontro e di festa |
TZ propone di tornare a pensare ai festival come luoghi nei quali, negli anni Sessanta e Settanta, si producevano spettacoli e pratiche di vita alternative e collettive.
PG ricorda come il momento del festival fosse davvero un’occasione per pensare il mondo e il teatro del futuro ben al di là della qualità soggettiva degli spettacoli presentati. L’attenzione ai processi storici e politici dei quali si era protagonisti, o che si tentava di innescare, contava più del risultato estetico degli spettacoli: il successo, anzi, era spesso visto come un ostacolo alla generalizzazione di una più decisa radicalità politica e teatrale. PG sembra, dunque, delineare un modo di vivere il teatro come manifestazione dei possibili sociali ispirato dal Living. |
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00:48:58
La scoperta del teatro come fabbricazione dell’altro da sé e come campo di indagine antropologica |
L’esperienza iniziata negli anni Sessanta e Settanta porta PG a scoprire l’autonomia del teatro come linguaggio e come fenomeno socio-antropologico. Questa scoperta coincide, per PG, con il riconoscimento di una forma di alterità radicale espressa dal teatro, soprattutto da quei gruppi spontanei che, successivamente, andranno a formare in Italia il “Terzo teatro”. Seguire questi gruppi è stato, per il testimone, un modo di studiare, da antropologo, sul campo, dei gruppi umani che inventavano pratiche artistiche nuove e radicali, al di fuori e precedenti ogni forma di istituzionalizzazione. | |
00:52:39
Il CUT dell’Aquila festeggia il ventennale della tournée del 1967 del Living |
Ritornando ai ricordi più propriamente legati alla storia del teatro, PG vuole sottolineare come lo stabile dell’Aquila, nel 1987, scelse di festeggiare il ventennale del passaggio del Living Theatre a Parma. È questo un aneddoto che permette di ribadire quanto, sul piano della cultura teatrale, in Italia, il movimento del 1968 sia stato anticipato. | |
00:54:13
Le edizioni del FITU dal 1973 e l’evoluzione del lavoro dei CUT |
Dopo due anni di interruzione, nel 1973, il FITU riprende con una programmazione dichiaratamente consacrata alla scoperta delle culture popolari, tanto locali quanto globali. TZ chiede a PG se anche la frequentazione di questa edizione del FITU e, più in generale, quest’attenzione alle culture delle classi subalterni lo abbiano spinto verso l’antropologia teatrale. PG, in realtà, vede in queste programmazioni, consacrate ad una riscoperta non banale di varie culture folkloriche, un segno della politicizzazione sempre più decisa del campo del teatro.
Varie forme di teatro politico, in fondo, convivevano con, in parallelo, forme più tradizionali di teatro amatoriale, per esempio con delle interpretazioni di farse di Molière. |
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00:58:50
Dallo spontaneismo sessantottesco alle scoperte del festival di Santarcangelo, passando per il professionalismo degli anni Settanta |
TZ chiede a PG di ritornare, nei limiti del possibile, sull’apparente dicotomia tra una volontà di produrre ed imporre pratiche teatrali spontanee, estranee a schemi istituzionali predefiniti, ed invece una spinta verso il professionalismo che si manifesta già all’inizio degli anni Settanta. Per PG si trattò di una necessità dettata anche dalla modalità specifica di training ispirato al metodo di Grotowski e di Barba, non solo una necessità materiale. Se, da una parte, il metodo imponeva uno sforzo ed un lavoro costante, dall’altro il fatto di non essere legati a scuole di arti drammatiche o a circuiti professionalizzanti imponeva ai gruppi di trovare il modo di vivere del proprio lavoro restando però uniti e esterni all’istituzione. Altri percorsi, anche molto importanti come quello di Marco Paolini o di Marco Baliani, nacquero a partire da forme autodidattiche in seno a questo movimento teatrale spontaneo e collettivo. | |
01:03:24
FITU e Festival Santarcangelo dei Teatri come modelli paralleli e diversi dal festival dei Due Mondi di Spoleto |
Pensando a queste dinamiche complesse in relazione con la specificità dei festival di teatro in Italia nel secondo dopoguerra, PG afferma che è di certo possibile fare un parallelo tra il FITU e il festival di Santarcangelo: laddove il primo, nel 1966, esprime una forma di anticipo delle esigenze e istanze proprie del ’68, come detto in precedenza, il movimento culturale del ’77-’78 viene teatralmente posticipato ai primi anni Ottanta, quando le mutazioni artistiche maturate nel corso degli anni Settanta vennero alla luce e furono rappresentate e vissute nel festival di Santarcangelo.
Il Festival dei Due Mondi, invece, era ed è per PG ancora oggi una realtà radicalmente diversa, un festival aristocratico fin dalla sua fondazione, un evento culturale giudicato da PG molto mondano, benché abbia saputo accogliere anche le creazioni delle avanguardie. |
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01:07:36
Un ricordo di Georges Lavaudant e della sua ammirazione per Carmelo Bene |
Il discorso si sposta poi sulla relazione tra il regista francese Georges Lavaudant e l’opera di Carmelo Bene, mettendo in luce tanto l’ammirazione del primo verso il secondo quanto la modalità specifica di ricezione e di traduzione del lavoro dell’artista italiano oltralpe. | |
01:10:08
Il festival come “fenomeno plurale e ibrido” |
Ragionando sull’evoluzione della forma dei festival come fenomeno artistico e socioeconomico, PG si chiede come, ovvero tramite quali processi multipli e complessi, i festival siano diventati delle istituzioni, funzionali ad una logica di servizio essendo invece nati come luoghi nei quali cercare e produrre un senso ed un significato storico-artistico comune. Per PG, si tratterebbe, forse, di una mutazione simile all’evoluzione della pratica dell’animazione teatrale in campo sociale; il testimone ricorda la passione e l’entusiasmo verso questa possibilità del teatro espressa, ad esempio, da Giuliano Scabia, che striderebbe con la sua declinazione attuale, ormai istituzionalizzata e totalmente posta al servizio di esigenze extrartistiche. | |
01:14:53
Riflessioni su festival e i problemi delle sovvenzioni |
TZ si pone il problema della necessità, propria anche ai festival degli anni Sessanta-Settanta simili al FITU o a Santarcangelo, di porsi come contro-modelli rispetto al teatro istituzionale rimanendo, tuttavia, pur sempre legati a sovvenzioni e a fondi pubblici. In tal senso sono richiamate come esempi anche le specifiche forme di co-diffusione che il FITU dovette costruire per realizzare le tournées di molte troupe internazionali.
Per PG è evidente che non si può prescindere dalle sovvenzioni ma queste non devono essere legate a delle funzioni specifiche, cioè non si deve concedere la sovvenzione chiedendo agli artisti un ritorno immediato; bensì si deve finanziare l’arte come una forma di ricerca fondamentale, fine a sé stessa.
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01:16:51
Il modello specifico di Santarcangelo |
Tornando però al FITU e a Santarcangelo come modelli paralleli, il festival romagnolo è stato per PG un incubatore di dinamiche teatrali professionalizzanti per piccoli gruppi o piccole comunità teatrali. Inoltre, Santarcangelo alla fine degli anni Settanta fu anche vissuto come un luogo nel quale gruppi sociali e comunità diverse e variegate abitavano il festival in quanto luogo e momento di ritrovo, non per seguire la programmazione teatrale. Anche rispetto alle dinamiche artistiche, Santarcangelo ha rappresentato per il testimone un momento unico di incontro tra spettatori e artisti e di disseminazione di pratiche diverse, complementari o talvolta opposte. | |
01:22:45
Il FITU segnato dal desiderio di conoscenza peculiare del ‘68 |
Il FITU di Parma per PG è stato anche un anticipatore delle facoltà di scienze dello spettacolo su modello del DAMS: nel corso del festival parmense si studiava il teatro di Artaud e si invitavano le compagnie più interessanti del panorama europeo perché si desiderava sinceramente scoprire qualcosa di nuovo, in modo profondo e spontaneo. La dimensione del desiderio è per il testimone, del resto, centrale per capire una realtà come il FITU, ancora una volta legata all’ottimismo e alla fiducia nel progresso culturale tipica di tutto il movimento del ’68, il quale è, in questo senso, molto diverso dal movimento del ’78, non più legato in modo strutturale all’agitazione studentesca. | |
01:27:52
La proiezione internazionale del CUT di Perugia e del FITU |
Ricordando le parole che Lew Bogdan usa per evocare l’importanza del FITU come momento di incontro internazionale nel volume Comme neige au soleil. Le Festival mondial du théâtre. Nancy, 1963-1983, TZ chiede al testimone di parlargli della relazione con altri contesti internazionali propria del CUT di Perugia e del FITU.
Per PG all’epoca, grazie al clima prodotto da vari festival internazionali, ci si poteva davvero sentire cittadini del mondo e condividere esperienze con gruppi diversissimi, che facevano teatro in molte lingue spesso non conosciute. Una situazione opposta al processo dell’attuale globalizzazione, imposta dal modello produttivo capitalistico e che innesca, in risposta, un ripiegamento identitario e nazionalistico. Dal punto di vista teatrale, per esempio, PG afferma di aver scoperto al FITU il gruppo di Cracovia Teatro 38 come una forma di teatro prossima a quello di Grotowski prima ancora di aver potuto assistere ad uno spettacolo del maestro polacco. |
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01:32:28
Un ricordo di Bogdan Jerkovic e considerazioni riguardo alle istanze dei CUT contro il teatro di regia |
Del regista croato Bogdan Jerkovic, artista di Zagabria e regista di punta del CUT di Parma, PG ricorda che lui e i suoi colleghi del CUT di Perugia guardavano alla sua opera come a quella di un esponente di un teatro di regia da superare, una visione che ora, retrospettivamente, considera semplicistica. Tanto più che la volontà di riforma radicale contro le forme canonizzate del teatro di regia non corrispondeva, per quanto riguardava i CUT, alla realizzazione di proposte artistiche coerenti con queste spinte utopistiche. PG considera la fascinazione verso il teatro di Luca Ronconi sarebbe dovuta risultare subito sospetta, perché le creazioni di questo regista, importantissime per tutta una generazione di artisti europei, erano in realtà espressione di una modalità possibile del teatro di regia. | |
01:35:53
Conclusioni |
Intervistato e intervistatore si soffermano sulle differenze tra il Living Theatre e le teorie di Richard Schechner, pensando anche alla diversa ricezione dell’opera di questo teorico in Francia e in Italia. L’intervista si conclude con alcune brevi considerazioni finali e riassuntive. |
- ICBSA, Via Caetani 32, 00186, Roma
- Museo Biblioteca dell’Attore, Via del Seminario 10, 16121, Genova
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Citaation
Intervista a Giacché Piergiorgio, di Zaccheo Tommaso, Parigi, il 02/10/2024, Progetto “Festival Internazionale del Teatro Universitario di Parma”, Collezione Ormete (ORMT-13c), consultata in URL:< https://patrimoniorale.ormete.net/interview/intervista-a-giacche-piergiorgio/ >, (data di accesso).
Relation: Bibliography:- Giacché Piergiorgio, Ci fu una volta la sinistra. Ovvero il silenzio dei post-comunisti, Roma, Edizioni dell’Asino, 2013.
- Giacché Piergiorgio, L’altra visione dell’altro. Una equazione tra antropologia e teatro, Napoli, L Ancora Del Mediterraneo, 2004.
- Giacché Piergiorgio, Un anno senza “stagione”: il ’68 e il teatro, “Lo straniero Arte Cultura Società”, anno VII, n. 36, giugno 2003, pp. 57-71.